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anno 2014







il cielo  di Armando Bertollo
esperienza della notte

Commento di Sergio Zanone


 





Ego dormio, et cor meo vigilat.

Vox dilecti mei pulsantis:



Io dormo, e il mio cuore vigila.

La Voce pulsante del mio amato.

Aprimi, sorella mia, amica mia,

colomba mia, mia immacolata





Oppure, nella poetica traduzione di Cesare Angelini : Dormivo, ma il mio cuore vigilava (mi ascoltavo dormire) . Una voce! Era lui, era il diletto che un po' chiamava e un po' picchiettava. ( Cantico dei Cantici, scena quinta , Giulio Einaudi Editore). Il Cantico dei Cantici è il mirabile dei Cantici, loro Cuore e loro Essere, Essere dell' Essere, Essere essenza. Il Cantico fu con difficoltà inserito nel Canone Biblico dai teologi Ebraici per l' arditezza delle sue immagini erotiche e soprattutto per le tesi che lambiscono l' eresia; esso narra l' incontro e il dialogo tra due Sposi promessi ed è considerato l' espressione più sublime della poesia e della letteratura Ebraica, e forse Mondiale. Annunciazione. I due sposi sono




i due punti del cuore.




La comunione degli sposi si diverte a scambiare i ruoli e le immagini nel corso della vicenda che si svolge talora in un Castello , talora in un Giardino . Nella quinta scena, la sposa dice: Io dormo, e il mio cuore vigila; aggiunge Cesare Angelini: (mi ascoltavo dormire). Come può ascoltare la sposa dormiente ? Il profondo silenzio del sonno , ove il pensiero non agisce, subisce: a-logia , non-pensiero, è il luogo ove il cuore ascolta: ascolta nel silenzio.





Entrai dove non sapevo

e restai senza sapere

ogni scienza trascendendo







Ascolta il suo pulsare , il battito della sua Voce , la Voce dello Sposo che vigila dentro il corpo della Sposa. Il Cantico è la Voce dello Sposo che parla nel Silenzio, la sua Parola, i suoi baci:






Osculetur me osculo oris sui


Báciami con i baci di tua bocca










Cantico dei Cantici, latino della Vulgata,

scena V











































S. Juan de la Cruz, Poesie, cit. poesia III , Giulio Einaudi Editore



















verso introduttivo del Cantico dei Cantici








Ma cosa è il Cantico dei Cantici, la “Parola Eterna” ? Con le parole di Meister Eckhart e di Rudolf Otto: “Le idee sono nella loro somma la “Parola” eterna in Dio, che egli pronuncia in sé dall' eternità all' eternità ; l' idea in Dio non è altro che l' essenza di Dio. Dio crea dal nulla con la sua Parola: nessun secondo principio concorre a ciò, nessuna materia prima gli sta di fronte. Egli crea secondo gli archetipi eterni che sono in lui eternamente , secondo le idee eterne, secondo le rationes. Queste idee sono eterne e necessarie. Infatti non sono altro che aspetti del suo proprio essere, ricco, inesauribile.”






In queste Idee scava il Poeta, corre sui loro promontori. (cfr. Gio Ferri) . Ecco , questa Voce che pulsa proviene dall' oscurità della notte ed è bagnata di rugiada, di magia:




quia caput meum plenum est rore,

et cicinni mei guttis noctium


Rorida di rugiada è la mia testa

e i miei riccioli stillano già di notturne gocciole

M' ero tolta la tunica (indossarmela ancora?)

m' ero lavati i piedi( imbrattarmeli ancora?)





La sposa è distesa, nuda, nel suo letto: già lavata, perfetta; perchè perfetta? A questo punto succede qualcosa di straordinario, di “umanamente carnale”: lo Sposo ( la Voce, la Parola, Il Canto) allunga la mano attraverso le cortine e tocca il seno della Sulamite ( la sposa):



Dilectus meus misit manus suam per foramen,

et venter meus intremuit ad tactum eius.


Il mio amato allungò la mano attraverso il foro,

e il mio seno tremò al suo contatto.



Foramen è anche ferita; venter è anche ventre, sede dell' utero. Ciò che accade è una fecondazione divina poiché la ferita sanguinante è il segno, l' impronta della fecondità della donna : la perfezione del suo stato femminile di Madre.(cfr. Meister Eckhart) La goccia di rugiada , come una perla, è infatti il seme fecondante deposto dalla mano nel ventre della sposa : abbiamo già incontrato questa immagine nella poesia di Bertollo Fare silenzio (parte II) ove la mano , come un vaso, come una conchiglia, raccoglie Volontà di Potenza. L' impronta, ת tau , la potenza della Parola nascosta o manifesta, il silenzio o il suono, la porta e la croce. Poiché la sposa , quando si alza per aprire la porta al suo amato,


Surrexi ut aperirem dilecto meo


Mi levai per aprire al mio diletto


veramente tocca la mano che aveva accarezzato il suo ventre : nel Cantico non esiste più lo spazio dell' umana esperienza : tra Sposo e Sposa non vi è più distanza ed è , quomodo - ad ogni modo, la reazione più immediata e istintiva il toccare “quella” mano. La mano – porta, la mano-croce: annunciazione e deposizione:




Mistica orientale e Mistica Occidentale, pag. 105, Rudolf Otto, trad. di Marco Vannini, SE edizioni; per la dottrina platonica della partecipazione del mondo dalle idee , che è sempre un processo simile all' azione di un campo di forze da parte dell' idea, cioè un aver parte dal lato delle cose e un dare parte dal lato delle idee, e per la particolare interpretazione che ne fa Meister Eckhart attraverso il concetto di generazione e di creaturalità, si veda l' opera citata a pag. 106 e 107






Cantico dei Cantici






















Cantico dei Cantici





















Cantico dei Cantici







Manus meae stillaverunt myrram,

et digiti mei pleni myrra probatissima.


Le mani s' unguentarono di mirra,

e le mie dita si riempirono di purissima mirra.



O cauterio soave

o benefica piaga,

carezzevole mano, contatto delicato

che hai sapore di vita eterna

e ogni debito paghi!

Uccidendo, la morte in vita hai tramutato.




La rugiada si è trasformata in mirra , l' olio dei morti : deposizione e scomparsa. Ed infatti lo Sposo, quando finalmente Sulamite apre quella porta ( Pessulum ostii mei / tolsi il chiavistello della mia porta) più non appare poiché non è di questo mondo. I due punti del cuore, l' atrio e il ventricolo, la porta e il ventre:


Pessulum ostii mei aperui dilecto meo;

at ille declinaverat atque transierat.

Anima mea liquefacta est ut locutus est.


Apersi al mio diletto,

ma il mio diletto era andato via.

Dopo averlo chiamato a lungo , la mia anima si sciolse.



Lo sciogliersi dell' anima: liquefazione. La creatura e il Creatore. Maria ai piedi della Croce. Un abisso chiama l' abisso:



Quaesivi et non inveni illum;


Lo chiamai lungamente, e non rispose.



Il bianco e il nero, bianchezza ed oscurità : i colori del Tao. Lo Sposo rivestito di notte è un principe , ricco di pietre preziose : le gocce di rugiada come stelle. Cielo notturno. Esperienza della notte oscura : teo-alogia ( cfr. Giorgio Agamben, introduzione e traduzione di S. Juan de la Cruz, Poesie, Giulio Einaudi Editore). Nero come l' inchiostro che scrive, traccia linee e segni, gli ideogrammi fecondi di ogni primitiva scrittura :


alba pratalia araba

e negro semen semenaba


aravano bianchi prati

e seminavano nera semente


nella terra circo-scritta, ara-ta, ri-volta. E' seme è sterco è luce / è notte è attesa è passione. Rimimo il limo, la vita, nel cosmo / la s coincide. ( cfr. La mia ri-beltà) La lettera “s” di seme e di sterco, di attesa , passione e cosmo: fecondità della vita. La “s” di Sposo e di Sposa. Il negro sposo , il capovolto fiume di stelle , l' orizzonte notturno che sorge nello stupore della pagina nera , notte dell' anima, ove i Luoghi di culto / d' animati manichini sono in modo paradossale proprio i templi che indicano la direzione verso l' alto, il telos : solleva la testa (capo-volto) , ci dicono, poiché si è miseramente vicini vicini all' orientamento (A. Zanzotto). Vicini vicini ... appena appena.



Cantico dei Cantici











S. Juan de la Cruz, Poesie, poesia II, Giulio Einaudi Editore


















Cantico dei Cantici














Cantico dei Cantici


















l' Indovinello veronese del X sec










Solleva la testa verso Aliot, Merak e Dubhe (Vaghe stelle dell' Orsa... cfr. Giacomo Leopardi ) , poiché Un peso pende ad un gancio (cfr. Carlo Michelstaedter) e ci opprime verso il basso ( cfr. S. Juan de la Cruz, Monte Carmelo) : esso si chiama spirito di gravità. (cfr. Fredrich Nietzsche). La bianca sposa, colomba immacolata , bianca come pagina bianca (lo spazio incorrotto) e fertile come la terra negra :


Nigra sum sed formosa, filiae Ierusalem,

Nolite me considerare quod fusca sum,

quia decoloravit me sol.


Sono bruna ma bella,

o figlie di Gerusalemme,

Non badate se sono così bruna:

è una tinta che mi ha dato il sole.



La bianca sposa , Biancaneve dai capelli neri, cerca il suo sposo ne vagari incipiam, per non vagare errando, inutilmente: ma la luce dei suoi occhi è offuscata dalla luce abbagliante del sole – Biancosole, perciò vede solo oscurità , come se i suoi occhi fossero chiusi. E gli occhi di Biancaneve, nella bara di cristallo, sono chiusi. “Ciò di cui si fa l' esperienza” nella notte dell' anima, dice Giorgio Agamben “non è appropriazione o habitus, ma spossessamento, e alienazione; non fulgore, ma offuscamento; non un avanzare in chiarità e ricchezza, ma uno sprofondare e un incagliarsi in cecità e buiore... è il momento della privazione , del disgusto, dell' angoscia”.



Dio mio, Dio mio , perchè mi hai abbandonato?


Liquefazione.



Esperienza della via negationis : Movimento senza senso, senza scopo, senza compimento (cfr. M. Eckhart) :



nel caotico via vai

d' animati manichini



dentro lo Sposo , poiché lo Sposo è la luce e l' ombra , l' Essere e il Non- essere della creatura.


Quaesivi et non inveni illum;

Vocavi et non respondit mihi.

Invenerunt me custodes qui circumeunt civitatem;

percusserunt me et vulneraverunt me,

tulerunt pallium meum mihi custodes murorum.


Lo chiamai lungamente, e non rispose

perchè era andato via...

Mi imbattei nelle guardie

di ronda alla città;

mi strapparono il velo ,mi percossero,

le guardie delle mura.


















Cantico dei Cantici














S. Juan de la Cruz, Poesie, cit. dalla prefazione di Giorgio Agamben , Giulio Einaudi Editore


























Cantico dei Cantici














Necessità della spogliazione: inutilità delle parole, inutilità delle immagini. Andare oltre l' Idea, varcare il promontorio dell' Idea ; “necessità di accettazione dell' opacità del testo come tale , “non- lettura” in quanto sospensione della prospettiva esistenziale volta a cercare sempre e comunque il significato delle parole ... necessità di lasciar risuonare i simboli in sé stessi , saturi e colmi di nulla, e non rimandano ad alcuna verità nascosta. Il paradosso della teologia mistica è appunto questo: che, in quanto è opacità, e spossessamento integrale, l' esperienza finale che essa implica è quella, puramente negativa, di una presenza che non si distingue in nulla da una assenza. ...un' appropriazione il cui oggetto è l' Inappropriabile stesso ...l' Inafferrabile che si dissolve nell' istante stesso in cui si mostra, nella disperata coscienza che l' epifania poetica non ha in ultimo altro contenuto all' infuori di se stessa e del proprio inevitabile naufragio:









inseguire

il filo di un pensiero

sul filo dell' orizzonte

della mente

mettendo a fuoco proprio

quel punto

che confonde

nave

gabbiano

naufrago







(Armando Bertollo, da: inseguire il filo, parte I, Coordinate)








S. Juan de la Cruz, Poesie, libera cit. dalla prefazione di Giorgio Agamben , Giulio Einaudi Editore