Letture proposte nel 2007 | DoctorCoppelius

Letture proposte nel 2007 : DoctorCoppelius

 
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Direzione editoriale e letteraria Flavio Ermini
Progettazione e cura grafica Raffaele Curiel

© Anterem Edizioni, 2007 via Zambelli 15 , 37121 Verona. Italia. direzione@anteremedizioni.it www.anteremedizioni.it

La pubblicazione di alcune pagine dell´opera per gentile concessione degli autori


DOCTOR COPPELIUS

RITORNO E RICOSTITUZIONE FISICA DI FAUST


testo di Renato Job

disegni di Mario Ceroli e Enrico Job

centosettesimo volume della collezione Limina -
è stato stampato nel mese di aprile 2007 da CIERRE GRAFICA per conto di Anterem Edizioni

In copertina : Testa di Fanciulla di Andrea della Robbia , Firenze , Bargello.





PREMESSA

Il Doctor Coppelius apparve su "Il Caffè" nel 1961.
I disegni sono opera di mio fratello e non vanno letti come illustrazioni di testo. È al contrario il testo che ha tratto ispirazione da essi. Gli ultimi disegni risalgono all´estate del 1960, e fu nell´aprile dell´anno successivo che io cominciai a scrivere. Il risultato, come si vedrà, fu un conflitto, uno scontro furibondo di idee che ero andato maturando nel corso di molti anni.
Prima della scelta operata da me i disegni facevano parte di una serie senza titolo che comprendeva altri tre soggetti. Illustrazioni sono invece i disegni che accompagnano il Faust. Di Mario Ceroli quelli riguardanti l´ impianto complessivo e i quadri IV, V , VI, XL , XII, XIII. Di Enrico Job il costume di Margherita e il VI quadro; un manifesto della Galleria del Naviglio che risale alla personale dell´aprile 1970 illustra il IX quadro. Allo stesso modo le fotografie di alcune opere di Ceroli accompagnano come generico riferimento formale altri quadri sprovvisti di un disegno specifico.
Pensato per il Festival del Teatro di Venezia, il Faust, che aveva per altro attirato l´interesse di Strawinsky, andò incontro ad alterne vicende di ordine economico e fu a causa del costo eccessivo che non si giunse alla realizzazione. Ma Ceroli non si scoraggiò e realizzò la mano gigantesca che nei VI quadro avrebbe dovuto uscire dalla scena protendendosi più criminosamente che minacciosamente sul pubblico. So che la espose, non so se qualcuno gliela comperò, ma le mancava l´essenziale, la forza espressiva che poteva venirle unicamente dall´azione nel contesto teatrale per il quale era stata ideata.
Può essere utile considerare che circa un decennio divide il Faust dal Doctor Coppelius, periodo di tempo durante il quale avevo lavorato in una casa di produzione cinematografica e ben presto ero stato folgorato dalle potenzialità del montaggio. Ne conseguì che venni condotto ad approfondirle e sperimentarle. Una serie di circostanze fortunate mi pose nella condizione di poter disporre di un materiale la cui qualità dovevo al talento poetico dell´operatore Giuliano Giustini. Inoltre al montaggio c´era l´amico Lino Dedevitiis, che ora ¬ con una punta di rammarico perchè privato della gloriosa e infallibile moviola ¬ insegna al Centro sperimentale di cinematografia; un professionista geniale cui sarò sempre legato da gratitudine per l´esperienza che mi ha consentito di fare. Nacque così Prima linea, film che varava una struttura cinematografica completamente svincolata dalle tradizioni teatrali e documentaristiche pervenendo a una tensione stilistica estrema, molto vicina a quella che letterariamente la poesia può vantare nei confronti della prosa. Traguardo cui ero giunto anche perchè stimolato dalla complessità del tema della megalopoli, nel caso specifico Tokyo, mostro in cui già allora si era andata manifestando con chiarezza la vocazione suicida dell´umanità. Come sempre avviene la vivisezione che attuai era duplice, sia di forma che di contenuto, e una cosa dipendeva dall´altra.

Tre anni dopo, nel 1972, Fellini realizzava Roma. Non so se avesse visto Prima linea. Può darsi perchè so che lo aveva visto Tonino Guerra. Del resto il successo era stato immediato e stupefacente. Erano molti quelli che lo avevano visto. Non so nemmeno io quanti e chi esattamente. Inoltre mia cognata «Lina Wertmuller era in rapporti di grande familiarità con Fellini. Comunque le analogie che si riscontrano sono interessanti. Alcune strutturali: il tema della metropoli contemporanea e la frammentarietà ,la suddivisione in episodi. Altre di contenuto: il "raccordo anulare", lo scavo della metropolitana, il finale motociclistico. Ma il risultato più prossimo al mio è presente soprattutto nell"esterno" delle chiassose e sguaiate tavolate della trattoria trasteverina seguito dall´improvviso stacco sullo stesso luogo ora deserto, immerso nel buio e nel silenzio notturno interrotti solo di quando in quando dai lampi e dal soffio della fiamma ossidrica degli operai che lavorano alle rotaie del tram. La lunghezza di questa sequenza, il movimento assorto della macchina da presa che scorre lentamente davanti alle vetrine illuminate dei negozi deserti, il passaggio dell´ombra di un cane randagio sui muri, non hanno alcuna relazione con la "storia" in cui sono collocati. Hanno vita autonoma. Sono pura, altissima poesia. Comunque anche in quest´opera di Fellini emerge più volte, frenetico e farneticante, il dramma inconsapevole del paradiso tecnologico e si avverte l´oscuro presagio della sua implosione.
Quando nel 1961, molti anni prima della nascita del mio film, Giambattista Vicari, che era allora direttore de "Il Caffè", aveva pubblicato il Coppelius la presentazione dell´autore cominciava cosÌ: «Dobbiamo a Vittorio Sereni la certamente emozionante scoperta di Renato Job. . . ». Ma non fu l´inizio di quella assidua e pacata vicenda di arte e di pensiero che in generale lo storico della letteratura potrebbe aspettarsi dopo una tale dichiarazione. E questo perchè non avrebbe potuto più esserci un inizio di niente né per me né per gli altri. Ero come l´intera umanità uno di quei rottami che mio fratello aveva disegnato, e la corrente era già troppo forte perchè qualcosa potesse opporvisi. Ma se oggi sotto le nuvole che si addensano qualcuno dotato di un barlume di rispetto per la verità e la bellezza provasse a oltrepassare la soglia dell´Arca sia materiale che spirituale in cui ho trovato rifugio, potrebbe forse capire (sebbene io ne dubiti ogni giorno di più) come avrebbe potuto essere il corso della sua esistenza se avesse diffidato della felicità che gli era stata promessa, e di conseguenza quanto avrebbe potuto contribuire ad allontanare da sé e dagli altri la catastrofe che si va delineando.

Renato Job


la nascita

LA NASCITA


Umido di liquido amniotico, cieco, privo di qualsiasi facoltà degna di interesse, comprensibile oppure oggetto di attrazione solo per la partoriente , l´ essere nuovo, ancora opportunamente collegato mediante apposito tubo all´organismo primario, mette fuori la testa sotto tutela giuridica già da cinque mesi. A parte la funzione del condotto il cui esame lasciamo piu che volentieri agli studiosi del caso appollaiati sui ridenti rami del sapere , verrà a questo punto interrotta con un paro di forbici 1´ armonia di una vita senza coscienza e senza stagioni, tranquilla, perfetta ¬ mangiare, bere, dormire e andare a spasso ¬ alla quale hanno fin qui con estremo zelo e doverosamente provveduto uno, due o più baldi artiglieri. Il di lei figlio e mio discepolo, che ha come noi avuto la stessa deprecabile sorte, e si trova ormai a un punto tale di sviluppo da rendere impossibile una sua spensierata soppressione , sarà bene che si occupi con particolare cura di quella parte filiforme della costruzione che sdoppiandosi si snoda dall alto verso il basso con partenza voluttuosa e bamboleggiante nel vuoto assoluto. Mediante la facile constatazione della sua tendenza a distrarsi, cioè a venir risucchiato da quel vuoto e mandare a gambe all´ aria la didattica, lo scolaro potrà avanzare nella conoscenza deducendone che in realtà il movimento interiore ed esteriore del filo di ferro è duplice e reciproco, rispettivamente materno nella discesa e filiale nella salita. Punto d´incontro l´ombelico. Taglio netto, secco. Usare pinza e ascoltare. Tac. Significato rumore. Neonato molto rigido. Prendere un capo del funicolo. Ago e filo. Mi cucio la mia mamma. Mi cucio il mio bambino. Cicci. L´altro capo del filo dondola sperduto nell´uovo e si chiede perchè, ma non si pone la domanda con spirito critico. Se lo facesse, le cose andrebbero diversamente. Questa seconda estremità è di natura maschile e al pari della prima scaturisce al sommo, da una delle lievi banderuole che rappresentano le due teste del desiderio (primo disegno) colte in una fase decrescente, caratterizzata da proporzioni e sensibilità testicolari. Rigida, poichè ancora impersonale e (nella misura in cui lo è) succube del fato, confitta in un varco uncinato, che deve apparire inquietante, diviso fra la necessità fisiologica e l´intenzione di rimandare il bambolo al punto di partenza, la figurina umana si fa strada più lacerata che informe. In quanto anche sollecitata dalle mani dell´ostetrica ad uscire dalla metafora, essa è da strappare più che da ritagliare. Generata in tal guisa, rottame da un rottame, mostrerà in partenza il suo dolore e la sua fine, in una parola la sua precarietà. Il lieto evento siamo lieti di annunciare che non è lieto. Dal canto loro, in alto, le mammelle si espandono e avanzano gonfie di energia misteriosa, spirali di fuoco amoroso e sazietà, oasi della solitudine che offrendosi a un´altra solitudine realizza nel tempo attimi di perfezione.
Illusione

L' ILLUSIONE


... Fà conto di veder uomini come in una sotterranea abitazione dalla forma d´un antro... Quando ero bambino, un giorno, entusiasmato dalla similitudine di Platone, trasformai la camera di mia sorella in una camera oscura, chiudendo accuratamente le aperture in modo che non filtrasse la luce, e forando poi con un chiodo il cartone che avevo applicato alla finestra del terrazzo. Mia sorella, che aveva soltanto tre anni, si mostrò remissiva e si lasciò imprigionare. Ma l´esperimento fallì. Ogni volta che accostavo l´occhio al forellino per controllare se nella camera tutto procedeva platonicamente, vedevo luccicare dall´altra parte l´occhio di mia sorella che mi fissava, nonostante le avessi detto ripetutamente che doveva volgermi le spalle e guardare le immagini proiettate sulla parete opposta. Più tardi però, rileggendo il dialogo di Platone, compresi che l´immagine illusoria cui si riferiva il filosofo non era quella riflessa, ma proprio quella che mia sorella fissava. Una verità che non mi è parsa mai tanto evidente come nelle ore antelucane da poco trascorse, durante le quali ho lavorato al fondale di acciaio che ella può vedere compiuto nel disegno, e che non solo simboleggia ma è di fatto la parete di una camera oscura da me ricostruita sbarrando la finestra e perforando il metallo con la fiamma ossidrica. E quindi, allo stesso modo, sono insieme simbolici e reali la luna che occhieggia e il suo sognante pellegrinare interrotto dalla bocca vorace del giorno. E così anche la traccia luminosa compresa tra i due fili paralleli delineanti la diafana figura che provenendo dall´oscurità e ondeggiando alla lieve brezza del mattino avanza verso l´osservatore. Essa è il mattino stesso e, riferita all´uomo, misura di tutte le cose, è l´adolescenza, sorgente inesauribile di illusioni. Essa sogna di avere già i pantaloni lunghi e dal suo cuore si dipartono gli azzurri fiumi delle origini, che, rallegrati da colori vivaci e forme armoniose di uccelli e di pesci e di soavi semidei, riuniscono nel loro tenero e confuso abbraccio il passato e il futuro. Benchè i luoghi che tali fiumi attraversano siano cosparsi di ossa calcinate, nessuno osa parlarne. La legge prevede severe sanzioni. E del resto io stesso, estraneo a ogni legge, ho sostato con animo lieto su queste sponde e vi ho trovato ristoro prima di riprendere il cammino. Prova ne sia che udendo un ticchettio di tacchi alti nel tempio di Venere, ho avuto il privilegio di non pensare alle agenzie turistiche e di non venire neppure sfiorato dall´idea che un paio di scarpe ha dietro di sè la storia della tecnica, che le gambe hanno la quarta dimensione delle tavole di anatomia e che l´anima è un feudo del carattere. Un ulteriore e determinante profitto può trarre il discepolo dal ritagliare ad libitum il tutto e appenderlo durante i temporali all´architrave della finestra mediante l´ansa fluviale che sporge dal margine superiore. Per quanto mi riguarda, il gancio l´ho direttamente collegato a un´asta di ferro posta sul tetto. Sa com´è. A scanso di equivoci. Il rischio di queste cose è di indugiarvi troppo, magari per tutta la vita, come fa la maggior parte degli uomini. All´azione delle scariche elettriche va quindi attribuita l´assenza dei colori nominati poc´anzi. Il primo a dolersene, mi creda, sono stato io.


Renato Job è nato a Trento nel 1926. Ha vissuto i primi anni in Germania, poi rientrato in italia ha errato di città in città rinnovando allo scoppio della guerra questo inquieto itinerario. Si stabilisce infine a Milano dove lavora in una casa di produzione cinematografica. e le esperienze di regia e di montaggio si riveleranno un polo di riferimento linguistico che diventerà fondamentale e da quel momento si ai affiancherà e si intreccerà più volte con la vocazione poetica. Elementi riconducibili alla connessione e al dialogo delle immagini sono già presenti nel Doctor Coppelius, riappaiono nel Faust, ma troveranno espressione compiuta nei film Prima linea e Paris vision, in cui confluiranno molte Muse riunite in un indisciplinato Parnaso. Alla stessa fonte attingeranno in seguito le sperimentazioni di "collages" fotografici e di fotomontaggi digitali. La produzione poetica è in gran parte riunita nel volume Veneri e locuste pubblicato a Milano nel 1985. Le prose ,rare , sono inedite. Attualmente vive in provincia di Brescia dove ha trovato consono rifugio in un edificio costituito dalla fantasiosa stratificazione di sette secoli, l´ultimo dei quali è presente solo quando il proprietario è in casa.

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