WPA 2011

Armando Bertollo

Nota sul tema : "Cosa te ne sembra dell' America?"

Apuntozeta  
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Sviluppare un pensiero in linguaggio artistico-poetico su un tema di tale complessità, può da un lato essere un'impresa che si apre a molteplici soluzioni, dall'altro, però, può essere pericolosa, perché può offrirsi ad altrettante semplificazioni, stereotipi, pregiudizi, manierismi. La richiesta iniziale potrebbe anche essere parafrasata in "Che ve ne sembra della vostra 'madre' adottiva?" - almeno per quanto riguarda i nati a partire dalla mia generazione - . Oppure: "Che ve ne sembra della vostra 'appartenenza' al mitologema culturale americano?". Questa duplice riformulazione mi permetterebbe di concentrarmi sugli aspetti che maggiormente condizionano la percezione degli Stati Uniti d' America, di chi, appunto, come il sottoscritto, è nato nella metà degli anni Sessanta del secolo scorso, e porta con sé, sin dalla prima infanzia, tutto il corredo di condizionamenti – come 'imprinting' – del modello americano. L'essere cresciuto con l'arrivo in casa della televisione, ovverosia dell'embrione dell'attuale 'società dello spettacolo', preconizzata proprio in quegli anni da Guy Debord, con tutto il suo carico di miti a popolare il mio immaginario di bambino, fa sì che qualsiasi opinione io possa avere oggi, quarant'anni dopo, sull'America, non può prescindere dal portare implicazioni conflittuali o 'edipiche', come accade di solito in ambito più strettamente parentale, con i propri genitori in particolare.Certamente potrei anche uscire dall'autobiografico e scegliere di affrontare la questione esplorando qualche aspetto storico del debito culturale che da parte sua l'America deve all'Europa. In questo modo capovolgendo la questione e osservando l'America nel suo originario stato di 'figlia' dell'Europa del Cinque, Sei, Settecento, che ha saputo emanciparsi non appena gli 'Americani' hanno girato le spalle all'Oceano che li separava dal Continente europeo, con i suoi ben presenti sedimenti di civiltà millenarie, per guardare e partire verso la 'loro' terra vergine: la frontiera. E da lì, sottomessa e confinata la cultura dei nativi, ricominciare con tutto il potenziale e l'energia di una nazione giovane. Poi sappiamo tutti quello che è venuto dopo, con l'industria cinematografica: l'esportazione in tutto il mondo del loro mito fondativo, l'epopea del Far West. Potrei uscire dal personale anche soffermandomi sui debiti di riconoscenza che gli Europei hanno con l'America che ha contribuito in misura fondamentale a liberarli dal nazi-fascismo, e poi a 'difenderli' dall'influsso del comunismo sovietico. Oppure potrei ricordare l'America meta di emigranti, tra i quali il mio bisnonno. E perché non parlare o 'discutere' artisticamente dell'America degli ultimi decenni, interventista, 'sceriffo del mondo', presa di mira e colpita duramente dal terrorismo islamico nel 2001?


Da questa breve sequenza di considerazioni, certamente non esaustiva, ma, spero, indicativa, non può che emergere la mia difficoltà nel dire ciò che a me sembra l'America. E non solo per le implicazioni anagrafiche personali, ma anche per l'insita complessità del 'cosmo America': un grande 'inconscio', capace di tutto: di essere stata - se ricordo bene - l'ultima nazione ad abolire la schiavitù dei neri, ed ora di essere la prima dell'Occidente guidata da un Presidente di colore. Difronte a tutta questa 'complessità', ho scelto, per una volta, di sospendere il mio 'giudizio', per fare da tramite 'sincronico' alle parole sagge, sulle quali riflettere, di un testo fondativo della tradizione culturale cinese: I CHING, Il Libro dei Mutamenti. Questo libro, tenuto in grande considerazione da Jung, il teorico della psicologia del profondo, dell' inconscio collettivo, del concetto di 'sincronicità', presenta delle sorprendenti analogie con le più recenti acquisizioni del pensiero scientifico, in particolare della fisica, che hanno evidenziato i limiti del pensiero occidentale tradizionale fondato sul principio di 'causalità'. Il limite del pensiero razionale-causale si può riassumere nel fatto che la sua 'efficacia' è condizionata da ben precise e prestabilite condizioni, come dire: da un 'artificio' preliminare che permette la prevista consequenzialità di un evento. In mancanza di tali condizioni, le interferenze in grado di modificarne l'esito ne inficiano la sua prevedibilità. Altresì, il pensiero così definito da Jung, 'sincronico', tipicamente orientale, considera significativa la compresenza o coincidenza degli eventi nello spazio e nel tempo e - per usare le sue parole – "scorgendovi qualche cosa di più del mero caso, e cioè una peculiare interdipendenza degli eventi oggettivi tra di loro, come pure tra essi e le condizioni soggettive (psichiche) dell'osservatore o degli osservatori". Il Libro dei Mutamenti 'funziona' come il linguaggio dei sogni, dove il significato si rivela nella compresenza, nella simultaneità degli elementi della situazione e non nella loro sequenza, che in verità è assurda, secondo la logica della realtà di veglia. Questo libro, se consultato e meditato con la dovuta serietà, sembra in grado di attivare e far rispondere l'inconscio.



Per WPA 2011 ho chiesto al Libro dei Mutamenti: "Cosa te ne sembra dell'America?". Ho attivato la sua risposta con il lancio per sei volte delle tre monete yin e yang. Mi ha risposto con l'Esagramma 26, LA FORZA DOMATRICE DEL GRANDE mutante nell'Esagramma 22, L'AVVENENZA. Ho documentato con un video questa operazione, effettuata il 9 aprile 2011, nella casa, ora disabitata, dei miei nonni materni, nel cucinino dove, nella mia infanzia, spesso osservavo dalla finestra la pianura vicentina, immaginando il mio 'Far West'. In un secondo momento ho decostruito e ricostruito l'Esagramma 26 in una forma ibrida tra figura e scrittura da applicare, come installazione in cartoncino nero, su una superficie.



Schio, 13 Aprile 2011




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